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Dall’11 al 17 marzo 2019 si è celebrata la Settimana del Cervello, una vera e propria sfida globale lanciata dalla Dana Alliance for Brain Initiatives e promossa in Italia da Hafricah.NET per divulgare le più recenti scoperte neuroscientifiche. Dal 2016 l’Italia è fortemente attiva nella promozione di attività divulgative – come seminari, workshop, screening – che hanno come argomento principale il funzionamento del nostro cervello.
E’ esattamente questa la domanda che ci siamo posti assieme ad un gruppo di brillanti colleghi. Abbiamo quindi deciso di partecipare alla Settimana del Cervello 2019, proponendo una serie di eventi per parlare del cervello, delle ultime e interessanti ricerche neuroscientifiche e degli ambiti nei quali queste potessero essere applicate nella vita di tutti i giorni.
Abbiamo contattato alcune associazioni attive nel territorio reggino per proporre le nostre idee e in questo modo è stato possibile realizzare tre eventi:
Uno dei punti centrali dell’esperienza umana è la capacità di provare emozioni: quotidianamente descriviamo la nostra vita e noi stessi in base a quello che proviamo in un determinato momento.
L’emozione è uno stato fisiologico caratterizzato da un inizio, un picco e una fine ed è legato sempre al significato di uno stimolo interno o esterno a noi, ma soprattutto a un insieme di espressioni facciali e comportamenti specifici.
Siamo fatti di felicità, tristezza, rabbia, paura, disgusto: sono queste alcune tra le emozioni primarie studiate dai neuroscienziati. L’oggetto di studio delle Neuroscienze Affettive sono i processi cerebrali alla base delle emozioni.
Cuore vs. Cervello
Molto spesso ci sentiamo come dilaniati da una guerra interiore: il cervello ci indica una via, ma il cuore tende ad un’altra. Mentre la prima è asfaltata e ben tenuta, la seconda è fatta di buche e sassi. Questa esperienza soggettiva potrebbe portarci a considerare le emozioni come secondarie al ragionamento e, più nello specifico, a localizzare nel cervello le funzioni superiori e considerare le funzioni provenienti dal corpo, tra cui le emozioni, “al pari degli istinti animali”: questo è esattamente l’errore in cui è caduto Cartesio (vedi Errore Cartesiano).
Esiste un cervello emozionale? Soprattutto grazie alla misurazione dei correlati neurofisiologici attraverso le tecniche fMRI e PET è stato possibile affermare che le emozioni sono inequivocabilmente legate a specifici circuiti cerebrali.
Il sistema limbico, costituito da amigdala, ippocampo e ippocampo, sarebbe la parte più sentimentale del nostro cervello. Dal punto di vista evoluzionistico le aree limbiche sono le più antiche: esse si occupano delle funzioni vegetative sin dall’epoca primitiva e man mano si sono evolute per regolare i comportamenti di reazione a fonti di pericolo, le cosiddette situazioni fight-or-flight. Proprio per la loro fondamentale importanza, sono le aree che si sviluppano per prime durante la vita dell’individuo e durante l’adolescenza raggiungono completa maturità, a differenza della più recente corteccia prefrontale, i cui feedback in questo periodo non sono ancora abbastanza maturi da controllare gli impulsi sottocorticali (ecco spiegato perché gli adolescenti sono particolarmente propensi all’azione e poco alla riflessione!).
Tra i principali studiosi dei circuiti neurali delle emozioni il contributo di Panksepp è stato fondamentale: egli si è occupato di indagare i sistemi neurotrasmettitoriali specifici per ogni emozione. La teoria di Panksepp (1998) prevede l’esistenza di sette sistemi affettivi primari e per ognuno di questi esisterebbe un circuito e dei neurotrasmettori specifici:
Se pensiamo al celebre aforisma shakespeariano “siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”, non possiamo che dissentire: siamo ben altro, per fortuna!
Siamo corpo, siamo mente, siamo emozioni: è la giusta combinazione di questi aspetti che ci rende così meravigliosamente umani.